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In Basilicata, tra la Val d’Agri e la Valle del Sauro si trova il più grande giacimento petrolifero onshore d’Europa. Più di 40 pozzi d’estrazione sparsi tra le montagne e il fondovalle, oltre ai due Centri Oli di Viggiano e Tempa Rossa (Corleto).
L’inizio delle perforazioni dell’Agip nella zona risale agli anni ’30, quando si iniziò a cercare il petrolio nel comune di Tramutola, dove si trova un affioramento naturale di petrolio misto ad acqua sulfurea tutt’ora visibile, per poi proseguire in tutta la valle.
Le royalties del petrolio hanno portato un’enorme ricchezza soprattutto al comune di Viggiano, grazie ai 20 pozzi di estrazione e al gigantesco Centro Oli presenti sul suo territorio. L’incasso è di circa 11 milioni di euro l’anno per un comune di 3000 anime: una cifra così elevata che lo stesso sindaco ha dichiarato di non sapere come impiegarla, e il comune finanzia in continuazione feste, sagre e opere di decoro urbano.
Le cose vanno decisamente peggio invece per gli altri paesi che si affacciano sulla Val d’Agri e che sono costretti a subire le conseguenze ambientali ed economiche del petrolio senza avere nessun tipo di introito dalle royalties. L’ attività estrattiva non ha portato l’occupazione che ci si aspettava e ha scoraggiato il turismo e le attività tradizionali legate alle eccellenze eno-gastronomiche, tanto che i dati Istat per tutti i paesi della Val d’Agri indicano un elevato invecchiamento della popolazione dovuto all’emigrazione dei giovani.
In ogni caso gli incassi del petrolio non sono serviti per migliorare i collegamenti: le strade della valle sono in condizioni pessime, a causa dell’elevato dissesto idrogeologico e dell’assenza di manutenzione.
A completare il quadro diversi studi negli anni hanno registrato un’anomala crescita di patologie riconducibili all’eccesso di esposizioni da inquinanti, tra cui tumori e leucemie. Del resto molti allevatori del luogo hanno denunciato morti sospette dei loro capi,così come sospette sono risultate le morie di carpe che si sono avute nel lago artificiale del Pertusillo, che fornisce fornisce il 60% d’acqua potabile alla Puglia, e all’interno delle cui acque è stata riscontrata la presenza di metalli pesanti e idrocarburi.
Ma per ora l’episodio d’inquinamento conclamato più grave risale ai primi anni ’90, quando la Total mineraria iniziò le perforazioni a Corleto Perticara e duemila metri cubi di fanghi altamente tossici derivanti dalle estrazioni furono sversati nei campi dove pascolava il bestiame di alcuni pastori in località Serra d’Eboli.
La discarica abusiva venne sequestrata ma non bonificata, e negli ultimi anni tra i pastori di Corleto si sono verificate una serie di morti sospette per tumore.
Proprio sul petrolio lucano verte una recentissima inchiesta della magistratura che ha portato il 31 Marzo 2016 alle dimissioni del Ministro per lo Sviluppo Economico Federica Guidi, in seguito a un’intercettazione telefonica da cui si evince che abbia esercitato pressioni per ottenere un emendamento che sbloccasse i lavori del Centro Oli di Tempa Rossa, favorendo così il suo fidanzato Gianluca Gemelli nell’ottenimento di un appalto sui lavori da parte di Total.
Intanto pochissimi giorni dopo, il 4 Aprile 2016, il Tribunale di Potenza condannava in primo grado per un’ altra inchiesta del 2008 gli ex vertici della Total per la pressione illecita esercitata sui proprietari dei terreni espropriati a Tempa Rossa, oltre che per irregolarità nell’assegnazione degli appalti.
Un’altra indagine ancora in corso riguarda invece il Centro oli di Viggiano per cui la magistratura ipotizza “gravi reati ambientali causati dal management dell’Eni”, in particolare un illecito smaltimento di rifiuti collegati all’attività petrolifera e sforamenti circa l’immissione di agenti inquinanti in atmosfera.
Le inchieste sono ancora giovani, e sul modo in cui il petrolio lucano sia stato gestito dal punto di vista sociale, politico, ambientale ed economico restano ancora molti dubbi.